martedì 24 giugno 2014

S'interru (da Obituario una poesia di Luis Rogelio Nogueras)




Agli inizi degli anni 90, durante una delle crisi cicliche che hanno gradualmente distrutto tutto il tessuto industriale del’isola, mi era capitato di avere delle discussioni, direi quasi di tipo esistenziale, sull’assenza in Sardegna di imprese che, partendo dalle materie prime esistenti o dalle materie seconde provenienti dall’industria primaria, creassero manufatti ad alto valore aggiunto, anche quelli che servivano per il semplice scorrere della vita quotidiana degli individui.

Questo tipo di considerazioni potevano essere fatte osservando gli ambienti circostanti in qualsiasi situazione uno si trovasse, che fosse al lavoro, al bar o semplicemente a casa, ad esempio a cena con la famiglia.  Bastava semplicemente guardarsi intorno, vedere gli oggetti presenti sia che fossero d’uso comune o più sofisticati per rendersi conto che nemmeno uno di loro era “made in Sardinya”. Importavamo tutto, dalle forchette ai piatti e ai bicchieri, dai tavoli in legno o in formica ai televisori, dalle biciclette alle autovetture o ai camion, dalle carriole alle bare.

Oggi, anno 2014, nulla è cambiato, anzi se è possibile la tendenza si è accentuata e purtroppo anche la drammatica, endemica e perenne crisi occupazionale è diventata più grave, coinvolgendo settori che allora ritenevamo immuni dalla possibilità di crisi come quelli del settore turistico-alberghiero e quello dei trasporti. Oggi, anno 2014, ancora una volta, l’unica possibilità di sopravvivenza di molti giovani è quella di preparare la valigia (made in Italy), riempirla delle poche cose possedute e scegliere la vecchia via dei nostri padri e nonni: la strada dell’emigrazione.

Tutto questo sfogo iniziale per presentare una poesia di Luis Rogelio Nogueras  tradotta (riveduta e corretta almeno per quello che riguarda le località citate in origine) in sardo. La poesia parla proprio dei temi di cui ho scritto nella lunga introduzione, il paese citato da Nogueras nella sua poesia è il Guatemala e l’altro paese non poteva che essere gli USA del quale non solo il Guatemala ma tutti gli stati dell’America centrale e anche parecchi di quella Meridionale erano considerati il cortile di casa. Le potenti multinazionali Nord-americane dominavano l’economia dell’area e il governo statunitense faceva e disfaceva con le buone o con i golpe i governi dei paesi latinoamericani i cui popoli erano soggiogati e super sfruttati a vantaggio esclusivo degli Stati Uniti.

Naturalmente non voglio con le correzioni che ho fatto alle località nella mia versione in sardo, fare paralleli tra la Sardegna e l’Italia, non voglio cioè dire che l’Italia è lo stato che sfrutta la Sardegna ma semplicemente fare la fotografia ad una situazione di fatto.

Del resto questa è solo una poesia.




S'interru (di Luis Rogelio Nogueras)
 (versione in limba sarda di Franco Sotgiu)



L'ant interradu in mesu a unu buscu de crecu
no tames de cussu
su baule de linna de crecu beniat dae sa Toscana;

l'ant interradu a làcanas de una mina de ferru ma
sos zoos de su baule e sa pala de ferru beniant dae
Brescia;

l'ant interradu a làcanas de una cussorza de sas menzus arbeghes de su mundu
e no tames de cussu
s'imprenimentu de lana de su baule arribaiat dae sa Puglia.

L'ant interradu cun d'unu bestire de Milano,
una paja de iscrapas de Ancona,
una camisa de Firenze,
e una paia de mizas de Vicenza.

Sardigna no at dadu nudda a s'interru, 
foraschì su mortu.


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La traduzione in Italiano, in questo caso, non è la traduzione del testo originale ma la traduzione della mia versione in sardo. La poesia di Luis Rogelio Nogueras era (secondo una nota dell’autore una parafrasi di un famoso testo Nordamericano) e aveva per titolo “Obituario” in Italiano traducibile in “Necrologio” che però non ha riscontri in “limba sarda”. Mi riprometto di pubblicare prossimamente in questo blog anche il testo originale in spagnolo e la mia traduzione in Italiano.

(Fu sepolto nel cuore di una bosco di quercia, nonostante ciò
la bara di legno di quercia è stata importata dalla Toscana;
fu sepolto nei pressi di una miniera di ferro ma
i chiodi della bara e la pala di ferro sono stati importati da Brescia;
fu sepolto vicino alle migliori pecore da pascolo del mondo e tuttavia
i festoni di lana della bara venivano dalla Puglia.
Fu sepolto con un abito di Milano,
un paio di scarpe di Ancona,
una camicia di Firenze
e i calzini di Vicenza.
Sardegna non ha fornito nulla al funerale,
tranne il cadavere.)

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